Km zero da casa

Giovanni Nicola
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Offerta gastronomica

Acqualagna: la capitale del tartufo. Acqualagna è una cittadina di 4500 abitanti circa situata nelle Marche, in provincia di Pesaro e Urbino, conosciuta come la “capitale del tartufo” per via della secolare tradizione di ricerca e commercializzazione di questo frutto della terra. Grazie al clima e al tipo di terreno della zona, nel territorio di Acqualagna si possono gustare ottimi tartufi tutto l’anno, di varie specie a seconda della stagione. Il più famoso e ricercato fra i prodotti del territorio è il Tartufo Bianco Pregiato, il Tuber Magnatum Pico, raccolto nel periodo che va dall’ultima domenica di Settembre al 31 Dicembre. E’ facilmente riconoscibile per alcune caratteristiche salienti: Ha una forma rotondeggiante che presenta cavità e sporgenze. Può raggiungere grosse pezzature (sono stati raccolti anche esemplari da 1 Kg). La parte esterna, fondamentalmente liscia, ha un colore giallo biancastro, che può presentare sfumature verdastre. La polpa è di colore marrone chiaro tendente al nocciola tenue, solcata da sottili venature chiare. Il profumo è intenso e caratteristico, gassoso, con sentori di aglio più o meno spiccati. Fra tutti, il tartufo bianco è quello con il prezzo più alto: gli esemplari di grossa pezzatura possono arrivare a pesare anche 5000 euro al Kg: per rimanere informati in tempo reale sulle quotazioni, che variano a seconda di molti fattori, vi consigliamo di consultare la borsa del tartufo. La Fiera del Tartufo. Ad Acqualagna ogni anno ha luogo il più importante appuntamento dedicato al Tartufo Bianco Pregiato nel centro Italia: la Fiera Nazionale del Tartufo Bianco di Acqualagna si svolge l’ultimo weekend di Ottobre e i primi di Novembre. Si sviluppa nell’arco di 3 fine settimana, caratterizzati da convegni, presentazioni, eventi di settore, durante i quali la cittadina viene letteralmente invasa da stand gastronomici che hanno come protagonista il Tuber Magnatum Pico. Un’occasione unica per assaggiare e comprare prodotti d’eccellenza. Grazie alla sua tradizione di ricerca, produzione e vendita del tartufo, il mercato di Acqualagna è uno dei luoghi più importanti d’Italia per la sua promozione a livello nazionale e internazionale: pensate che nella zona si raccolgono circa i 2/3 dell’intera produzione di tartufi in Italia, pari più o meno ai 600 quintali annui. Acqualagna - Museo del tartufo Il Museo nasce per tutelare, trasmettere e valorizzare il denso sistema di relazioni antropologiche, sociali e culturali di un prodotto della terra d’eccellenza, così misterioso, così antico e così prezioso. Un percorso di scoperta dell’universo tartufo articolato in tre sezioni, ciascuna associata ad una chiave di lettura esperienziale. SCOPERTA: scienza, paesaggio, ambiente, ecologia, saperi, complicità, desiderio, attesa, stupore, appagamento. INIZIAZIONE: alchimia, mito, musica, letteratura, cinema, mistero, eros, suggestione, curiosità, conoscenza. RARITÀ: tradizione, comunità, economia, produzione, gastronomia, valore, esclusività, eccezionalità, raffinatezza, gusto Fonti - fortunati Antonio & museo del tartufo Acqualagna
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Acqualagna
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Acqualagna: la capitale del tartufo. Acqualagna è una cittadina di 4500 abitanti circa situata nelle Marche, in provincia di Pesaro e Urbino, conosciuta come la “capitale del tartufo” per via della secolare tradizione di ricerca e commercializzazione di questo frutto della terra. Grazie al clima e al tipo di terreno della zona, nel territorio di Acqualagna si possono gustare ottimi tartufi tutto l’anno, di varie specie a seconda della stagione. Il più famoso e ricercato fra i prodotti del territorio è il Tartufo Bianco Pregiato, il Tuber Magnatum Pico, raccolto nel periodo che va dall’ultima domenica di Settembre al 31 Dicembre. E’ facilmente riconoscibile per alcune caratteristiche salienti: Ha una forma rotondeggiante che presenta cavità e sporgenze. Può raggiungere grosse pezzature (sono stati raccolti anche esemplari da 1 Kg). La parte esterna, fondamentalmente liscia, ha un colore giallo biancastro, che può presentare sfumature verdastre. La polpa è di colore marrone chiaro tendente al nocciola tenue, solcata da sottili venature chiare. Il profumo è intenso e caratteristico, gassoso, con sentori di aglio più o meno spiccati. Fra tutti, il tartufo bianco è quello con il prezzo più alto: gli esemplari di grossa pezzatura possono arrivare a pesare anche 5000 euro al Kg: per rimanere informati in tempo reale sulle quotazioni, che variano a seconda di molti fattori, vi consigliamo di consultare la borsa del tartufo. La Fiera del Tartufo. Ad Acqualagna ogni anno ha luogo il più importante appuntamento dedicato al Tartufo Bianco Pregiato nel centro Italia: la Fiera Nazionale del Tartufo Bianco di Acqualagna si svolge l’ultimo weekend di Ottobre e i primi di Novembre. Si sviluppa nell’arco di 3 fine settimana, caratterizzati da convegni, presentazioni, eventi di settore, durante i quali la cittadina viene letteralmente invasa da stand gastronomici che hanno come protagonista il Tuber Magnatum Pico. Un’occasione unica per assaggiare e comprare prodotti d’eccellenza. Grazie alla sua tradizione di ricerca, produzione e vendita del tartufo, il mercato di Acqualagna è uno dei luoghi più importanti d’Italia per la sua promozione a livello nazionale e internazionale: pensate che nella zona si raccolgono circa i 2/3 dell’intera produzione di tartufi in Italia, pari più o meno ai 600 quintali annui. Acqualagna - Museo del tartufo Il Museo nasce per tutelare, trasmettere e valorizzare il denso sistema di relazioni antropologiche, sociali e culturali di un prodotto della terra d’eccellenza, così misterioso, così antico e così prezioso. Un percorso di scoperta dell’universo tartufo articolato in tre sezioni, ciascuna associata ad una chiave di lettura esperienziale. SCOPERTA: scienza, paesaggio, ambiente, ecologia, saperi, complicità, desiderio, attesa, stupore, appagamento. INIZIAZIONE: alchimia, mito, musica, letteratura, cinema, mistero, eros, suggestione, curiosità, conoscenza. RARITÀ: tradizione, comunità, economia, produzione, gastronomia, valore, esclusività, eccezionalità, raffinatezza, gusto Fonti - fortunati Antonio & museo del tartufo Acqualagna

Visite turistiche

La Riserva Naturale Statale della Gola del Furlo è una profonda valle e un canyon tra il Monte Paganuccio e il Monte Pietralata nell’Appennino. Il fiume ha formato la gola (o canyon) ed è uno dei più facilmente accessibili e spettacolari d’Italia. È stato creato dall’erosione dell’ acqua nel corso dei millenni. I Romani costruirono l’antica via Flaminia per attraversare le montagne e raggiungere Fano e Rimini sulla costa adriatica e poi fino a Ravenna. La strada fu costruita nel 220 a.C. da Gaio Flaminio. Nei secoli successivi sono stati apportati miglioramenti come L imponente galleria che ha dato il nome al passo. Vespasiano fece scavare un tunnel nella roccia per evitare una faticosa salita. Questo tunnel fu chiamato “petra forulus” (foro in italiano moderno significa foratura o foro), e divenne poi Furlo. La Galleria Romana è una galleria lunga 40 metri che fu scavata nella roccia nel 76 a.C. – ed è ancora in uso!
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Furlo Pass
36 Via Flaminia
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La Riserva Naturale Statale della Gola del Furlo è una profonda valle e un canyon tra il Monte Paganuccio e il Monte Pietralata nell’Appennino. Il fiume ha formato la gola (o canyon) ed è uno dei più facilmente accessibili e spettacolari d’Italia. È stato creato dall’erosione dell’ acqua nel corso dei millenni. I Romani costruirono l’antica via Flaminia per attraversare le montagne e raggiungere Fano e Rimini sulla costa adriatica e poi fino a Ravenna. La strada fu costruita nel 220 a.C. da Gaio Flaminio. Nei secoli successivi sono stati apportati miglioramenti come L imponente galleria che ha dato il nome al passo. Vespasiano fece scavare un tunnel nella roccia per evitare una faticosa salita. Questo tunnel fu chiamato “petra forulus” (foro in italiano moderno significa foratura o foro), e divenne poi Furlo. La Galleria Romana è una galleria lunga 40 metri che fu scavata nella roccia nel 76 a.C. – ed è ancora in uso!
Storia recente del Furlo - La notorietà del Furlo esplose verso la fine degli anni 1920. Infatti in quegli anni Benito Mussolini “consacrò” la città del Furlo come il luogo ideale per rilassarsi e staccare dagli impegni quotidiani. Il capo del Regime Fascista che frequentava questo posto non era quello che tutti conoscono, con divisa ed elmetto che arringa la Nazione. Era, piuttosto, la versione privata e familiare, e al riguardo fanno fede le numerose foto d’epoca. Nel tragitto che va da Roma a Predappio, la sua città natale, in quel tempo non esistevano strade alternative alla Flaminia. Determinante fu, però, la cordiale amicizia con il ristoratore del luogo Domenica Candiracci, nata in maniera del tutto occasionale. Nonostante siano passati solo 80 anni circa la storia delle sue soste si mischia alla leggenda. Mussolini è un risaputo “femminiere” e i suoi rapporti con le donne erano molto brevi e solo poche donne hanno avuto l’onore di relazioni più intense. Questo comportamento portò alla diceria che il Duce avesse costellato l’Italia di un reggimento di presunti figli e anche al Furlo si parlò di un presunto figlio. Anche se, il ristoratore dell’epoca giura di averlo sempre visto da solo o con moglie e figli. Numerose furono le sue soste; i più attenti ne contano addirittura 56. Si narra che, in una di queste soste, Mussolini pretese che gli venisse preparata una frittata di 12 uova e tartufo. E, sembra, che non dormì per tutta la notte rigirandosi nel letto per le fitte. Il vomito e la diarrea che lo colse il giorno seguente diede luogo ad un ispezione della Milizia per la sicurezza nazionale pensando ad un caso di avvelenamento premeditato. Nel tempo, con il diffondersi della notizia delle sue visite, aumentavano i curiosi e c’era sempre qualcuno pronto a perorare qualche piccola causa personale. In quegli anni, Mussolini provvide a migliorare la vita degli abitanti della zona, fornendo il Furlo di una linea telefonica (allora inesistente) e promuovendo la strada Monte-Furlo (1935) che conduceva più agevolmente alle soprastanti cave di pietra rosa e bianca del Monte Pietralata. Il primo telefono pubblico fu proprio quello dell’albergo di Domenico Candiracci che, per sdebitarsi, consegnò al Duce le chiavi della camera al primo piano. Per renderla più confortevole vennerò portati mobili in stile Impero direttamente da Palazzo Venezia. La camera di Mussolini è tutt’ora visitabile; ha i muri ricoperti di graffiti: da “Viva il Duce” e “a Morte il comunismo” a “Morte al fascio” insieme a nomi di coppie e date di fatidiche notti d’amore. In segno di palese gratitudine per le migliorie arrecate al paese, la Milizia Nazionale Forestale, in collaborazione con gli scalpellini del luogo, nel 1936 provvide alla costruzione del famoso Profilo del Duce (lunghezza circa 180 metri), tutt’ora ancora in parte visibile, sulla sommità delle balze del Pietralata. Il progetto era ambizioso: l’Ing. Mainardi lo volle rendere visibile da Acqualagna, da Fossombrone e, addirittura, nei giorni di cielo terso, dal mare. Progettò anche l’illuminazione per renderlo visibile di notte, ma non fu mai realizzata. Il monumento suscitò qualche polemica, perché parve presentare il Duce in posizione di riposo, mentre era risaputo che “Mussolini non dorme, ma veglia sui destini d’Italia”. La polemica arrivò anche a Mussolini se è vero l’aneddoto che in una delle sue visite ebbe l’occasione di lagnarsi del suo profilo con l’albergatore e che questo gli fece notare che il volto del Duce non era in posizione di riposo, ma era proteso verso il cielo, sino a ieri dominio delle aquile, ma da quel momento dominio della nostra aviazione e in tal posizione il Duce poteva vigilare sull’efficienza dell’aviazione che difendeva le nostre contrade. Con l’avanzare degli anni le soste iniziarono a diradarsi verso la fine del 1939 e cessarono del tutto subito prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale nel 1940. Alla fine della guerra i partigiani e le truppe di liberazione decisero di eliminare il profilo dalla montagna: la brigata Majella vi indirizzo qualche colpo di cannone, ma i pochi colpi che centrarono il naso e il profilo, non fecero danni rilevanti, così come non li fece la dinamite del partigiano Bruno Bocchio. Finita la guerra il Ministero dei lavori pubblici decise di eliminare quella bruttura, perché rappresentava un pericolo per la strada sottostante. Vennero stanziati i soldi per l’abbattimento, ma grazie all’intervento di Adele Bei fu possibile stornare parte di quei soldi per ricostruire la strada che conduceva alle cave, vista la necessità impellente di pietra del paese impegnato nella ricostruzione. Fonte http://www.coninfacciaunpodisole.it/aree-protette/84-riserva-gola-furlo/143-gola-del-furlo-3-mussolini-e-il-suo-profilo
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Furlo
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Storia recente del Furlo - La notorietà del Furlo esplose verso la fine degli anni 1920. Infatti in quegli anni Benito Mussolini “consacrò” la città del Furlo come il luogo ideale per rilassarsi e staccare dagli impegni quotidiani. Il capo del Regime Fascista che frequentava questo posto non era quello che tutti conoscono, con divisa ed elmetto che arringa la Nazione. Era, piuttosto, la versione privata e familiare, e al riguardo fanno fede le numerose foto d’epoca. Nel tragitto che va da Roma a Predappio, la sua città natale, in quel tempo non esistevano strade alternative alla Flaminia. Determinante fu, però, la cordiale amicizia con il ristoratore del luogo Domenica Candiracci, nata in maniera del tutto occasionale. Nonostante siano passati solo 80 anni circa la storia delle sue soste si mischia alla leggenda. Mussolini è un risaputo “femminiere” e i suoi rapporti con le donne erano molto brevi e solo poche donne hanno avuto l’onore di relazioni più intense. Questo comportamento portò alla diceria che il Duce avesse costellato l’Italia di un reggimento di presunti figli e anche al Furlo si parlò di un presunto figlio. Anche se, il ristoratore dell’epoca giura di averlo sempre visto da solo o con moglie e figli. Numerose furono le sue soste; i più attenti ne contano addirittura 56. Si narra che, in una di queste soste, Mussolini pretese che gli venisse preparata una frittata di 12 uova e tartufo. E, sembra, che non dormì per tutta la notte rigirandosi nel letto per le fitte. Il vomito e la diarrea che lo colse il giorno seguente diede luogo ad un ispezione della Milizia per la sicurezza nazionale pensando ad un caso di avvelenamento premeditato. Nel tempo, con il diffondersi della notizia delle sue visite, aumentavano i curiosi e c’era sempre qualcuno pronto a perorare qualche piccola causa personale. In quegli anni, Mussolini provvide a migliorare la vita degli abitanti della zona, fornendo il Furlo di una linea telefonica (allora inesistente) e promuovendo la strada Monte-Furlo (1935) che conduceva più agevolmente alle soprastanti cave di pietra rosa e bianca del Monte Pietralata. Il primo telefono pubblico fu proprio quello dell’albergo di Domenico Candiracci che, per sdebitarsi, consegnò al Duce le chiavi della camera al primo piano. Per renderla più confortevole vennerò portati mobili in stile Impero direttamente da Palazzo Venezia. La camera di Mussolini è tutt’ora visitabile; ha i muri ricoperti di graffiti: da “Viva il Duce” e “a Morte il comunismo” a “Morte al fascio” insieme a nomi di coppie e date di fatidiche notti d’amore. In segno di palese gratitudine per le migliorie arrecate al paese, la Milizia Nazionale Forestale, in collaborazione con gli scalpellini del luogo, nel 1936 provvide alla costruzione del famoso Profilo del Duce (lunghezza circa 180 metri), tutt’ora ancora in parte visibile, sulla sommità delle balze del Pietralata. Il progetto era ambizioso: l’Ing. Mainardi lo volle rendere visibile da Acqualagna, da Fossombrone e, addirittura, nei giorni di cielo terso, dal mare. Progettò anche l’illuminazione per renderlo visibile di notte, ma non fu mai realizzata. Il monumento suscitò qualche polemica, perché parve presentare il Duce in posizione di riposo, mentre era risaputo che “Mussolini non dorme, ma veglia sui destini d’Italia”. La polemica arrivò anche a Mussolini se è vero l’aneddoto che in una delle sue visite ebbe l’occasione di lagnarsi del suo profilo con l’albergatore e che questo gli fece notare che il volto del Duce non era in posizione di riposo, ma era proteso verso il cielo, sino a ieri dominio delle aquile, ma da quel momento dominio della nostra aviazione e in tal posizione il Duce poteva vigilare sull’efficienza dell’aviazione che difendeva le nostre contrade. Con l’avanzare degli anni le soste iniziarono a diradarsi verso la fine del 1939 e cessarono del tutto subito prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale nel 1940. Alla fine della guerra i partigiani e le truppe di liberazione decisero di eliminare il profilo dalla montagna: la brigata Majella vi indirizzo qualche colpo di cannone, ma i pochi colpi che centrarono il naso e il profilo, non fecero danni rilevanti, così come non li fece la dinamite del partigiano Bruno Bocchio. Finita la guerra il Ministero dei lavori pubblici decise di eliminare quella bruttura, perché rappresentava un pericolo per la strada sottostante. Vennero stanziati i soldi per l’abbattimento, ma grazie all’intervento di Adele Bei fu possibile stornare parte di quei soldi per ricostruire la strada che conduceva alle cave, vista la necessità impellente di pietra del paese impegnato nella ricostruzione. Fonte http://www.coninfacciaunpodisole.it/aree-protette/84-riserva-gola-furlo/143-gola-del-furlo-3-mussolini-e-il-suo-profilo
In località Sant’Anna del Furlo (Fossombrone) c’è un Parco Botanico-Culturale fruibile dal pubblico, con un’alta valenza istruttiva, sito d’interesse didattico anche per scolaresche e turisti. La finalità è quella di recuperare e valorizzare il patrimonio botanico autoctono, inserito nel proprio ambiente naturale, l’incalcolabile valore di biodiversità, e di mostrare un percorso artistico parallelo, contrappuntato dalle opere che gli artisti hanno già posto e collocheranno stabilmente, nel Parco, dando così vita ad un armonico ambientale. Sia per la parte naturalistica, che artistica, il Parco potrà essere visitato dalle Scuole per costruire percorsi didattici dal vivo. Il Contesto Il Parco Botanico-Culturale è in pianura, a 100 mt s.l.m., si trova alle pendici del Monte Paganuccio, che con il Monte Pietralata formano il grande canyon della Gola del Furlo. Siamo nella Riserva Naturale Statale Gola del Furlo, in località Sant’Anna del Furlo, comune di Fossombrone, provincia di Pesaro-Urbino. Il posto, si raggiunge dalla superstrada Fano-Roma o dalla Statale Flaminia, a venti minuti sia da Fano che da Urbino. Dopo l’antico Borgo di Sant’Anna, notevoli le torri colombaie del Cinquecento, già censite dall’architetto Volpe, si arriva nel Bosco di Sant’Anna, esempio vivo di macchia mediterranea, che non ha MAI subito il rimboschimento di conifere non autoctone. Sotto, a trenta metri, scorre il Candigliano e lungo le sue sponde notevole è la vegetazione erbacea e igrofila. Ma tutto il luogo è di grande importanza paesaggistica da vari punti di vista: geologico, paleontologico, floristico, faunistico. È il regno dei rapaci notturni e diurni, paradiso dei birdwatchers. Da qui, si raggiunge percorrendo una strada panoramica, la Diga del Furlo. Non distante, c’è la vecchia e magnifica Cava di Sant’Anna che attende di essere rinaturalizzata e aperta agi studiosi, anche questo, un possibile parco geologico, un Teatro naturale. Il Parco Botanico Dal 2007 sono già in sito 30 alberi di frutta antica. Tra le mele: Fiorentina, Verdacchia, Oleata, Culo d’asino, Brutta e Buona, Conventina, Roggia, Broccaia, Sona. Tra le pere: Somentina, Ghiacciola, di Tiberio, Santa Maria, Volpina, la Tonda d’inverno, Giugnina, più un Mespolo Germanicus, e poi, giuggioli, ciliegi, pruni, susini, un corbezzolo, un corniolo, vari fichi, tra cui il Fico della Goccia, varie pesche, tra le quali la pesca sanguigna nera. Da segnalare anche le rose antiche del Montefeltro dalla collezione di Rosetta Borchia, le roselline bianche-gialle rampicanti, il gelsomino giallo, tutte varietà autoctone. È presente una varietà innumerevole di erbe “mangerecce” e officinali, tra le erbe rilevanti, endemiche: la lattuga perennis (le mandrelle del Furlo), la moheringia papulosa, il tafanii, il litospermum ceruleo, numerose varietà di felci, etc.. Tra gli arbusti, tipici e autoctoni l’Albero di Giuda, lo Scotano, il corniolo, ginepri, etc. Inutile menzionare fra gli alberi d’alto fusto le querce secolari, i lecci, i frassini, i noci. Tutto questo patrimonio botanico sarà ovviamente oggetto di studio e di catalogazione, con il susseguente apparato didattico di didascalie, sentieri, cartellonistica. Il Parco Culturale Sono già presenti dal 2010 più di 50 opere di Land Art che vanno a formare un vero e proprio Museo a cielo aperto e che sarà implementato ogni anno dalle opere che gli artisti doneranno al Parco nella nostra annuale rassegna di Arte en plain air. Anche per queste opere, come per il Parco Botanico, sarà necessario un apparato didattico-esplicativo con didascalie esaustive sull’autore e sull’opera. Per la Casa (che è una Residenza Creativa, cioè ospita gratuitamente gli artisti) è nostra intenzione verificare se può rientrare nella schiera della Dimore Storiche, essendo stata costruita nel 1919 in uno stile Liberty razionalista. Anche questa, può essere fruibile per la cittadinanza, su appuntamento, visto che è anche la nostra residenza. Ci sono molte opere d’arte contemporanea e c’è un piccolo patrimonio librario, più di duemila volumi, rilevanti le collezioni di Cinema, di Letteratura, di Enogastronomia, di Paesaggio. Nel Parco culturale, oltre alle opere d’arte all’aperto e al chiuso, alla Casa, alla biblioteca, non si può non includere la Diga del Furlo. Maestoso esempio di architettura industriale del 1920, una delle poche rimaste in Italia con un ventaglio in calcestruzzo completamente connaturato con il paesaggio circostante. Ecco, il Paesaggio della Gola del Furlo. Vale da solo una visita, questa “orrida bellezza” che ha stupito da sempre i visitatori, gli scrittori, i poeti. Sulla Gola del Furlo, con annesse gallerie stradali, quella Romana e quella Pre-Romana, altro lavoro ciclopico, sarebbe necessario un sforzo di documentazione, ricerca, catalogazione per costituire un Fondo Furlo, (scritti, documenti, foto, video, film) che a tutt’oggi manca e sarebbe invece preziosissimo. Ecco i primi artisti che hanno deciso di lasciare una loro opera nel Parco Botanico Culturale: Giuseppina Alaimo Francesca Manfredi Paolo Assenza Dunja Nedeljkovic Paola Babini Simonetta Panzironi Angela Balducci Silvia Paoletti Oskar Barrile Ute Pyka-Umberto Leone Petra Bartels Michela Pozzi Luigi Berardi Andrea Pavinato Gabriele Bianconi Valerio Porru Maria Cristina Biggio Gian Luca Proietti Nedda Bonini Luce Raggi Severino Braccialarghe Rossella Ricci Loretta Cappanera Augusto Salati Lamberto Caravita Gruppo Seblie Mauro Corbani Antonio Sorace Sandro Cristallini Emanuela Santoro Anna Curti Germano Serafini Roberto De Grandis Adolfo Tagliabue Yvonne Ekman Thea Tini Marisa Facchinetti Tina Torcellini Giovanni Galiardi Enzo Torcoletti Benedetta Jandolo Walter Zuccarini
Casa Degli Artisti, Land Art
30 Parrocchia sant'Anna
In località Sant’Anna del Furlo (Fossombrone) c’è un Parco Botanico-Culturale fruibile dal pubblico, con un’alta valenza istruttiva, sito d’interesse didattico anche per scolaresche e turisti. La finalità è quella di recuperare e valorizzare il patrimonio botanico autoctono, inserito nel proprio ambiente naturale, l’incalcolabile valore di biodiversità, e di mostrare un percorso artistico parallelo, contrappuntato dalle opere che gli artisti hanno già posto e collocheranno stabilmente, nel Parco, dando così vita ad un armonico ambientale. Sia per la parte naturalistica, che artistica, il Parco potrà essere visitato dalle Scuole per costruire percorsi didattici dal vivo. Il Contesto Il Parco Botanico-Culturale è in pianura, a 100 mt s.l.m., si trova alle pendici del Monte Paganuccio, che con il Monte Pietralata formano il grande canyon della Gola del Furlo. Siamo nella Riserva Naturale Statale Gola del Furlo, in località Sant’Anna del Furlo, comune di Fossombrone, provincia di Pesaro-Urbino. Il posto, si raggiunge dalla superstrada Fano-Roma o dalla Statale Flaminia, a venti minuti sia da Fano che da Urbino. Dopo l’antico Borgo di Sant’Anna, notevoli le torri colombaie del Cinquecento, già censite dall’architetto Volpe, si arriva nel Bosco di Sant’Anna, esempio vivo di macchia mediterranea, che non ha MAI subito il rimboschimento di conifere non autoctone. Sotto, a trenta metri, scorre il Candigliano e lungo le sue sponde notevole è la vegetazione erbacea e igrofila. Ma tutto il luogo è di grande importanza paesaggistica da vari punti di vista: geologico, paleontologico, floristico, faunistico. È il regno dei rapaci notturni e diurni, paradiso dei birdwatchers. Da qui, si raggiunge percorrendo una strada panoramica, la Diga del Furlo. Non distante, c’è la vecchia e magnifica Cava di Sant’Anna che attende di essere rinaturalizzata e aperta agi studiosi, anche questo, un possibile parco geologico, un Teatro naturale. Il Parco Botanico Dal 2007 sono già in sito 30 alberi di frutta antica. Tra le mele: Fiorentina, Verdacchia, Oleata, Culo d’asino, Brutta e Buona, Conventina, Roggia, Broccaia, Sona. Tra le pere: Somentina, Ghiacciola, di Tiberio, Santa Maria, Volpina, la Tonda d’inverno, Giugnina, più un Mespolo Germanicus, e poi, giuggioli, ciliegi, pruni, susini, un corbezzolo, un corniolo, vari fichi, tra cui il Fico della Goccia, varie pesche, tra le quali la pesca sanguigna nera. Da segnalare anche le rose antiche del Montefeltro dalla collezione di Rosetta Borchia, le roselline bianche-gialle rampicanti, il gelsomino giallo, tutte varietà autoctone. È presente una varietà innumerevole di erbe “mangerecce” e officinali, tra le erbe rilevanti, endemiche: la lattuga perennis (le mandrelle del Furlo), la moheringia papulosa, il tafanii, il litospermum ceruleo, numerose varietà di felci, etc.. Tra gli arbusti, tipici e autoctoni l’Albero di Giuda, lo Scotano, il corniolo, ginepri, etc. Inutile menzionare fra gli alberi d’alto fusto le querce secolari, i lecci, i frassini, i noci. Tutto questo patrimonio botanico sarà ovviamente oggetto di studio e di catalogazione, con il susseguente apparato didattico di didascalie, sentieri, cartellonistica. Il Parco Culturale Sono già presenti dal 2010 più di 50 opere di Land Art che vanno a formare un vero e proprio Museo a cielo aperto e che sarà implementato ogni anno dalle opere che gli artisti doneranno al Parco nella nostra annuale rassegna di Arte en plain air. Anche per queste opere, come per il Parco Botanico, sarà necessario un apparato didattico-esplicativo con didascalie esaustive sull’autore e sull’opera. Per la Casa (che è una Residenza Creativa, cioè ospita gratuitamente gli artisti) è nostra intenzione verificare se può rientrare nella schiera della Dimore Storiche, essendo stata costruita nel 1919 in uno stile Liberty razionalista. Anche questa, può essere fruibile per la cittadinanza, su appuntamento, visto che è anche la nostra residenza. Ci sono molte opere d’arte contemporanea e c’è un piccolo patrimonio librario, più di duemila volumi, rilevanti le collezioni di Cinema, di Letteratura, di Enogastronomia, di Paesaggio. Nel Parco culturale, oltre alle opere d’arte all’aperto e al chiuso, alla Casa, alla biblioteca, non si può non includere la Diga del Furlo. Maestoso esempio di architettura industriale del 1920, una delle poche rimaste in Italia con un ventaglio in calcestruzzo completamente connaturato con il paesaggio circostante. Ecco, il Paesaggio della Gola del Furlo. Vale da solo una visita, questa “orrida bellezza” che ha stupito da sempre i visitatori, gli scrittori, i poeti. Sulla Gola del Furlo, con annesse gallerie stradali, quella Romana e quella Pre-Romana, altro lavoro ciclopico, sarebbe necessario un sforzo di documentazione, ricerca, catalogazione per costituire un Fondo Furlo, (scritti, documenti, foto, video, film) che a tutt’oggi manca e sarebbe invece preziosissimo. Ecco i primi artisti che hanno deciso di lasciare una loro opera nel Parco Botanico Culturale: Giuseppina Alaimo Francesca Manfredi Paolo Assenza Dunja Nedeljkovic Paola Babini Simonetta Panzironi Angela Balducci Silvia Paoletti Oskar Barrile Ute Pyka-Umberto Leone Petra Bartels Michela Pozzi Luigi Berardi Andrea Pavinato Gabriele Bianconi Valerio Porru Maria Cristina Biggio Gian Luca Proietti Nedda Bonini Luce Raggi Severino Braccialarghe Rossella Ricci Loretta Cappanera Augusto Salati Lamberto Caravita Gruppo Seblie Mauro Corbani Antonio Sorace Sandro Cristallini Emanuela Santoro Anna Curti Germano Serafini Roberto De Grandis Adolfo Tagliabue Yvonne Ekman Thea Tini Marisa Facchinetti Tina Torcellini Giovanni Galiardi Enzo Torcoletti Benedetta Jandolo Walter Zuccarini
Sul fiume Candigliano , in Comune di Fermignano, è ubicata la diga del Furlo finita di realizzare nel 1922. E' del tipo ad arco gravità, alta 59 metri con uno sviluppo del coronamento di 50 metri ed è una tra le più famose e spettacolari del centro Italia. Alimenta la centrale idroelettrica posta poco più a valle e ha causato un aumento del livello del Fiume Candigliano per una lunghezza di 3km, creando un lago artificiale. L'accesso alla diga è situato in sponda sinistra e conduce al locale di guardi adi cui, proseguendo sul coronamento, si raggiunge la sponda destra dove è ubicata la camera di manovra dello scarico di fondo. La quota di massimo invaso è di 175,68 m.s.l.m e le quote di minima e massima regolazione rispettivamente di 169,16 m.s.l.m e 174,69 m.s.l.m. La centrale idorelettrica, localizzata in origine ai piedi della diga è stata completamente distrutta durante il secondo conflitto mondiale. La nuova centrale è stata ricostruita più a valle nel 1952.
Diga del Furlo
47 Via Sant'Anna del Furlo
Sul fiume Candigliano , in Comune di Fermignano, è ubicata la diga del Furlo finita di realizzare nel 1922. E' del tipo ad arco gravità, alta 59 metri con uno sviluppo del coronamento di 50 metri ed è una tra le più famose e spettacolari del centro Italia. Alimenta la centrale idroelettrica posta poco più a valle e ha causato un aumento del livello del Fiume Candigliano per una lunghezza di 3km, creando un lago artificiale. L'accesso alla diga è situato in sponda sinistra e conduce al locale di guardi adi cui, proseguendo sul coronamento, si raggiunge la sponda destra dove è ubicata la camera di manovra dello scarico di fondo. La quota di massimo invaso è di 175,68 m.s.l.m e le quote di minima e massima regolazione rispettivamente di 169,16 m.s.l.m e 174,69 m.s.l.m. La centrale idorelettrica, localizzata in origine ai piedi della diga è stata completamente distrutta durante il secondo conflitto mondiale. La nuova centrale è stata ricostruita più a valle nel 1952.

Sentieri e terrazze panoramiche

Cammino al rifugio del Furlo - terrazza delle aquile
Bellissimo sentiero di risalita nella Gola del Furlo, con le pareti a strapiombo del dirimpettaio monte Paganuccio (armati di binocolo è anche possibile scorgere la zona dove nidificano le aquile reali presenti nella riserva), il verde-azzurro caratteristico delle acque del fiume Candigliano e, sullo sfondo, tutte le cime principali dell’Appennino pesarese.
35 wenyeji wanapendekeza
Furlo
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Bellissimo sentiero di risalita nella Gola del Furlo, con le pareti a strapiombo del dirimpettaio monte Paganuccio (armati di binocolo è anche possibile scorgere la zona dove nidificano le aquile reali presenti nella riserva), il verde-azzurro caratteristico delle acque del fiume Candigliano e, sullo sfondo, tutte le cime principali dell’Appennino pesarese.

Canoe sul fiume

Lezioni di canoa con istruttore qualificato alle Marmitte dei Giganti, Immersi nella natura, cullati dalle acque del fiume, per fare sport e avventura in uno scenario unico nel suo genere.
8 wenyeji wanapendekeza
Marmitte Dei Giganti
5 Parrocchia S. Venanzio
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Lezioni di canoa con istruttore qualificato alle Marmitte dei Giganti, Immersi nella natura, cullati dalle acque del fiume, per fare sport e avventura in uno scenario unico nel suo genere.